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giovedì 27 marzo 2008

Un post più noioso del solito

Dunque.

Un amico, con immotivata e miope fiducia, sia nella mia presunta capacità di scrivere cose che interessino a qualcuno, sia nella mia mai dimostrata capacità di mantenere qualsivoglia impegno, mi ha chiesto di partecipare ad un forum letterario e non, con recensioni su libri, resoconti e contributi vari.

Sebbene la tentazione di fallire in principio rinunciando addirittura a cominciare sia stata forte, ho poi optato per un tipo di fallimento più articolato e certamente più soddisfacente. Ho pensato di accingermi al compito, sfornando prodotti altamente inadatti e completamente insoddisfacenti, in modo che il mio fallimento si possa palesare a tutti.

Ora, nell'attesa, che prevedo lunga ed improduttiva, di inviargli effettivamente qualcosa, butterò giù un paio di pensieri su un libro che ho letto qualche giorno fa.
Tanto per fare una prova.

Il libro in questione si intitola Occhi sulla graticola, per l'appunto.
L'autore si chiama Tiziano Scarpa.
Il libro è scomodo.
Nel senso, se non fosse proprio corto, la risoluzione del lettore a terminarlo (parlando del lettore mi riferisco a me, che di risoluzione, nonché risolutezza, ne ho notoriamente poca) entrerebbe seriamente in crisi.
Senonché è proprio corto, e secondo me il motivo di interesse sta proprio in quello, al di là del fatto che se fosse stato più lungo l'avrei mollato lì.
Di fatto, leggendo il libro ci si accorge che non sta succedendo quasi niente. Ed allora uno (uno sarei sempre io) comincia a chiedersi, ma scusa, se dietro alla copertina c'è la storia, come fanno 'ste cose a succedere che mancano 20 pagine e non è ancora succeso un cacchio?
Cioè, uno dice, capisco che in Alla ricerca del tempo perduto o nell' Ulisse, ci si possa permettere di perdere un po' di tempo, tanto ci sono migliaia di pagine, se rimani un po' indiero poi al massimo recuperi alla fine, tagli un po' di stronzate e ti metti a raccontare sul serio.

E invece lì le pagine scorrono e non si capisce cosa sta succedendo. Si susseguono brani di diari, lettere, elenchi, insomma, tutto quello che non è un racconto inteso come resoconto di una successione di eventi.
Roba anche strana, c'è scritta.

Ma alla fine capisci.
Capisci quando ti rendi conto che il racconto degli avvenimenti si risolve in poche righe, ma non è compresso, tagliato, ignorato, semplicemente è sottointeso.
O meglio, sgorga naturalmente da tutto il materiale statico che riempie il libro e che diventa dinamico nel momento in cui poche azioni, raccontate in fretta e senza cura, gli danno un senso ed una collocazione. Una valenza narrativa e non più descrittiva o informativa.

Non è che sia una maniera comoda per arrivare alla conclusione di una storia, anzi. Oltretutto il libro tenta più volte di respingerti sottoponendoti a stranezze di vario genere, col chiaro intento di indisporti, ma alla fine mai troppo, riuscendo anzi spesso ad incuriosirti. Anche in virtù del fatto che tu vedi che le pagine alla fine sono sempre poche, e questo in fondo ti solleva da una responsabilità.

Hahahahahahahah, non si è capito un cazzo!

Mamma mia, la mia nuova carriera di critico letterario sarà un fallimento...

Ecco qua la mia risposta a tutti voi che mi chiedete di collaborare con voi in vari modi. Con calma, ragazzi, uno alla volta, vedrete che accontenterò tutti. Pasticcio dopo pasticcio, un malinteso dopo l'altro, servirò ad ognuno di voi un bel fallimento appena sfornato che allieti le vostre giornate ridendo di me, povero fallito senza speranza.

1 commento:

Unknown ha detto...

esattamente il tipo di fallimento che avrei il piacere di presentare agli utenti del sito. Lei mi ha carta bianca, fallisca pure come ritiene più opportuno, secondo me funziona...