Vorrei che la mia vita
fosse un cartone animato.
La cosa che desidero di più
È guardarmi vivere.
A. guardava i cartoni.
Tanti, tantissimi, tutti quelli che incontrava nel suo quotidiano vagabondare per gli spazi tristi e dismessi delle frequenze televisive.
Gli piacevano quasi solo quelli giapponesi, quasi solo quelli vecchi, magari vecchi di vent’anni. Quei cartoni che hanno una memoria, che hanno l’aria languida e malinconica di qualcosa che appartiene ad un mondo che non c’è più.
Erano quelli che cercava, quei cartoni di un altro tempo che per sbaglio rimanevano impigliati nel palinsesto di qualche emittente locale.
A. pensava che si sentissero soli, abbandonati, ed anche un po’ patetici nel loro rievocare mondi scomparsi e vicende sommerse dal tempo.
Pensava che fossero cartoni tristi.
Era questo che glieli faceva piacere così tanto, che glieli faceva amare tanto profondamente.
Gli dispiaceva per loro.
Anche lui, come loro, viveva di ricordi. La sua vita era un ricordo. Era nostalgia. Di tutto. O meglio, di niente.
Del tempo in sé.
martedì 25 marzo 2008
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